La Chiesa di Santa Maria Annunciata di Lorsica
Lo spirito del ricordo
La chiesa attuale fu eretta tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 ricostruendola in parte sulla precedente parrocchiale.
Stucchi, oro zecchino, preziosi dipinti e Damaschi che ricoprono le paraste, tutto questo e non solo è la chiesa di Lorsica. Straordinariamente ricca e non solo perché eretta attorno al 1600 in un piccolo paese dell’Appennino, ma anche perchè tanta magnificenza si noterebbe ovunque.
Lo sfarzo e l’abilità profusa per dare ai Lorsicesi un tempio degno della loro fiera e operosa indole, si coglie nel favoloso colpo d’occhio appena si entra dal portone principale e poi, via via, nei più piccoli dettagli.
La Chiesa di Santa Maria Annunciata si staglia contro la collina su cui è appoggiato il paese: la sua facciata candida svetta in alto a dare il benvenuto a chi si inerpichi si li e racconta del carattere determinato e orgoglioso di questa gente che volle dotarsi di un luogo di culto che fosse anche simbolo della loro dignità e della loro identità.
Un luogo che parlasse della loro devozione e del loro senso di comunità e come ogni luogo fortemente simbolico anche la fondazione della chiesa settecentesca è avvolta nel mistero di una leggenda, quella di Martin Gallo, il mitologico prete Martino, detto il Gallo, che finanziò e incoraggiò i suoi parrocchiani ad affrontare l’ardua impresa, tanto da trasformare la sua costruzione in un atto corale.
I tessitori del paese completarono l’opera donando i damaschi rossi, con il motivo della palma, che ancora oggi abbelliscono la chiesa. Anche la preziosa passamaneria tessuta con l’oro è frutto della maestria di questi artigiani.
Non mancano le opere d’arte: una pala di G. De Ferrari raffigurante l’apparizione di Cristo a Santa Caterina da Genova, una di Andrea De Ferrari raffigurante il transito di San Giuseppe, la statua di Santa Caterina da Genova scolpita nel 1860 da PAOLO Olivari; la statua raffigurante il transito di San Giuseppe, opera dello scultore Antonio Canepa; il Crocifisso della scuola del Maragliano, sopra l’altare maggiore e, tra gli arredi il famoso “Piviale dei leoni”.
Altrettanto pregevole è l’organo dei Roccatagliata inaugurato nel 1836, che è, insieme alla sua cantoria, tra i più belli della Fontanabuona.
Uno scrigno pieno di meraviglie, un luogo in cui si respira tutta la storia e le ambizioni di una paese dignitosamente umile e orgogliosamente tenace.